I rider che aspettano una consegna sono seduti su un gradino di pietra.
Il cellulare sempre tra le mani fredde.
Oggi mi porto un libro. Giusto per scaramanzia. Come quando esco con l’ombrello, ma poi non piove. Quindi spero di non avere tempo per leggerlo, perché se ci sono poche consegne da fare, o nulla, guadagno solo un raffreddore.
Il mio slot è cominciato alle 19.00. Ma alle 19.30 sono ancora a casa.
La mia fortuna è quella di abitare in centro, vicino alle zone dei ristoranti.
Ma non tutti i rider che aspettano una consegna possono permettersi questo lusso. Ne conosco alcuni che devono farsi 3-4 km prima di essere considerati operativi. Altri che invece devono pedalare mezz’ora o di più.
E poi si piazzano nel loro punto strategico.
Dobbiamo essere disponibili quando inizia il nostro slot. Ma la retribuzione c’è solo se consegniamo. È il famoso “cottimo”. Bello, ma funziona solo se ci sono sufficienti ordini per tutti e mi spinge ad avere più fretta di quella che serve in realtà.
Intanto è una sera di febbraio e qui fa freddo. Alle 21.30 ho concluso la terza consegna e mi riposo su una panchina sperduta nella periferia.
Posso dire che il libro ha funzionato. Anche se al Burger King sembrava di essere dal dottore.
“Chi è l’ultimo?”
Ti metti in fila e aspetti il tuo turno, per dire il numero d’ordine che devi ritirare.
Mi andava di aspettare un po’. Anche perché dopo un’ora e mezzo di pedalate, volevo riprendere fiato. Nonostante sappia bene che stare fermi equivale a non essere pagati, o essere pagati una sciocchezza (come 0,05 euro) per ogni minuto di ritardo del ristorante.
Per quest’ultima consegna ci ho messo un’ora tonda. Almeno 6 km. E forse il panino è arrivato freddo.
Ora su questa panchina mi si raffreddano i muscoli. Sono uno dei rider che aspettano di ripartire e mi chiedo se arriverà prima un nuovo ordine o il mio nuovo raffreddore.
<3